Il Sinodo è un tempo di grazia

Il Sinodo è un tempo di grazia

8 Febbraio 2022

Ecco il Testo dell’Omelia pronunciata nella Celebrazione di Indizione del XXXI Sinodo:

“Carissime sorelle, carissimi fratelli,

nei giorni scorsi, mentre mi accingevo a preparare questa riflessione mi domandavo cosa poter dire alla mia Chiesa di Napoli, la Chiesa che sono stato chiamato ad amare e servire, affinché il percorso sinodale che oggi inizia sia un tempo di ascolto profondo dello Spirito e nello Spirito, di compagnia e ascolto di ogni uomo e di ogni donna. Me lo domandavo perché avverto anche io una tentazione a cui spesso la comunità ecclesiale è sottoposta: la tentazione di normalizzare, banalizzare, governare gli appuntamenti dello Spirito affinché non ci disturbino troppo, lasciandoci nella routine delle nostre abitudini, nella rigidità dei nostri stili acquisiti, nell’immobilismo del pensiero e delle prassi.

Come vescovo, sono chiamato non solo a guidare ma a seguire io stesso il cammino sinodale, e per questo pensavo a quali parole forti, a quali indicazioni chiare, a quali pronunciamenti solenni dovervi donare in questo momento così importante. Scoprendomi vuoto di ricette e anche incapace di trovare da solo in me stesso le giuste coordinate per il tempo storico che viviamo, come uno scolaro che chiede al maestro la risposta esatta, mi sono messo, nella preghiera, alla scuola del Vangelo. Così, sfogliando le sue pagine e accarezzando con lo sguardo i versetti che compongono il racconto dei discepoli di Emmaus, la lettura ha messo in moto l’immaginazione, la preghiera ha aperto le porte al sogno, e lo Spirito ha iniziato a disegnare nel silenzio fantasiose parabole di attualità, che mostrano con grande chiarezza la bellezza di una pagina scritta centinaia di anni fa ma pronta sempre a parlare all’uomo e alla Chiesa di ogni tempo e di ogni luogo.

Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi spirituali, invitando a contemplare la storia della salvezza, invita chi prega a comporre il luogo evangelico meditato, creando con «con la vista dell’immaginazione il luogo corporeo dove succede quello che si contempla» (n. 47). Immerso nella lectio, ho iniziato a pensare che Cleopa e il suo compagno, delusi dalla morte del Maestro, dalla fine infame di colui che avevano amato e seguito, forse senza però conoscerlo davvero a fondo, potessero assumere i volti e le storie di tanti uomini e donne che abitano la vita ecclesiale e cittadina di Napoli.

Per questo, mentre i miei occhi erano rivolti ai due di Emmaus, ho iniziato a vedere sulla strada sassosa che proviene da Gerusalemme, tanti uomini e donne, vestiti diversamente dalle tuniche mediorientali, con nomi e abiti più vicini ai a quelli dei vicoli di Napoli che ai villaggi di Palestina, con atteggiamenti e accenti dialettali cadenzati più dal ritmo partenopeo che dai toni dell’aramaico.

Su questa strada, poco dietro Cleopa e il suo amico, ho così incontrato Ciro, un giovane ventenne deluso dalla vita, afferrato da un grande vuoto di significato che la continua interazione social è riuscita a colmare. I suoi modi spavaldi erano traditi dallo sguardo triste, lo stesso sguardo di quando vedeva i genitori litigare rabbiosamente fino ad arrivare al divorzio. Da adolescente Ciro ha anche cercato di trovare risposte nel corso di cresima parrocchiale, ma per motivi che né lui né la sua parrocchia conosce, non le ha trovate, e ha così abbandonato la fede e la speranza di trovarle.

Poco più indietro, sullo stesso sentiero, ho visto camminare lentamente Lina, una nonna dolce e simpatica, ma con le righe segnate dalla solitudine e dalla preoccupazione. Dopo una vita intera spesa per la sua famiglia e per la comunità, si sentiva abbandonata da coloro che aveva amato, dalla comunità a cui aveva donato tempo ed energie, perché non più efficiente e performante. Oramai parlava solo con Dio, ad alta voce come spesso fanno gli anziani, e la sua preghiera a volte era rabbia, altre fiducia ma sempre dialogo con una presenza che non l’aveva abbandonata.

Lo stesso cammino, a qualche metro di distanza, era percorso dal piccolo Domenico, bimbo in attesa di trapianto, e dai suoi genitori, custodi premurosi del figlio. Mi era chiaro che negli occhi di Domenico, vere porte del cielo, vi era la sorgente della speranza ma era anche visibile la stanchezza e la preoccupazione dei suoi genitori, pieni di fede, ma anche di comprensibili dubbi e di grande inquietudine.

Capite bene sorelle e fratelli, che la mia preghiera biblica era quasi diventata un vero e proprio sogno ma tutti sappiamo che Dio, come un tempo fece con Giuseppe in Egitto, parla nei sogni, per indicare direzioni di liberazione e di salvezza.

E così, continuando nella meditazione, vedevo affiancarsi a Ciro, Lina, Domenico tante persone: giovani, anziani, famiglie, persone con disabilità, bambini, stranieri, consacrati, preti, operatori pastorali, perfino imprenditori importanti ed autorità cittadine. Era l’intera città, la nostra città, la nostra Napoli! Tutti in cammino ma con lo sguardo chino e deluso, disorientati da un tempo complesso in cui le risposte autentiche alle domande del cuore e le direzioni necessarie che trasformano l’uomo da vagabondo a pellegrino, sembrano essersi smarrite.

Ed ecco che come Vescovo, nel mio sogno, sentivo l’esigenza di tuffarmi tra quella gente, di prendere per mano quei bambini e quei giovani, di parlare a quegli adulti per dirgli che io, che noi, come Chiesa, una risposta ce l’abbiamo e una direzione possiamo indicarla, grazie al Vangelo di Gesù. Avevo già formulato il mio intervento e progettato la mia azione ma nel momento stesso in cui stavo per incedere con il primo passo, mi sono sentito afferrare il braccio da una mano forte e tenera e nel voltarmi ho visto lui, il Maestro di Nazareth che mi rimproverava dolcemente dicendo: «Mimmo, fermati, non parlare subito. Ascolta! Ascoltali! Prima di dare le tue risposte intercetta le loro domande. Prima di donare le tue soluzioni, addentrati silenziosamente nei loro problemi. Prima di offrire vie di guarigione sosta sull’altare delle loro ferite. Prima di indicare direzioni certe, interroga le loro paure. Mimmo ascolta, prendi per mano la tua Chiesa e ascolta la tua città come io ascolto Cleopa e il suo compagno, camminando con loro, ponendomi accanto con discrezione, muovendo i passi sullo stesso sentiero, scrutando il loro smarrimento per poi aiutarli a comprendere il sogno di Dio incarnato nel segno del pane. Mimmo, vescovo per i tuoi fratelli e per le tue sorelle, discepolo con i tuoi fratelli e le tue sorelle, cammina insieme al tuo popolo e con la tua Chiesa, ascoltami, ascoltali, mettiti, mettetevi in ascolto».

Fratelli e sorelle, nel raccontarvi la mia meditazione e il mio sogno ad occhi aperti, avverto l’urgenza e la necessità di condividere con tutti voi ciò che il Signore ci chiede all’inizio del nostro Sinodo: shemà Israel, ascolta Israele, ascolta Chiesa di Napoli, ascolta Dio, ascolta l’uomo!

Il punto di partenza del nostro itinerario sinodale è imparare ad ascoltare nel silenzio, che non è mera assenza di suoni, ma è piuttosto mescolanza di attesa e attenzione, vuoto che si lascia riempire, accoglienza incondizionata dell’amore capace di dare la giusta direzione al nostro pellegrinare. Se non ci esercitiamo nell’arte dell’ascolto, la preghiera rischia di diventare la proiezione delle proprie idee e non più accoglienza del sogno di Dio, e il dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo, finisce per trasformarsi in monologhi destinati allo scontro e non in vie di incontro, luoghi di annuncio, spazi e tempi di salvezza condivisa. Nel racconto di Emmaus che è stato proclamato abbiamo visto la capacità di ascoltare che Gesù stesso ha avuto: con discrezione si è fatto compagno di strada, ha interrogato i volti e le storie dei due delusi, e solo dopo ha ridestato in loro con il suo racconto la gioia e il calore del cielo! In fondo il racconto di Emmaus è l’abbraccio di due ascolti: da un lato vi è la straordinaria tenerezza di un Dio che diventa silenzio, che si fa domanda, ponendosi come un mendicante in ascolto del cuore umano, dall’altro il miracolo dell’uomo che, raggiunto dalla presenza discreta di Dio, ritrova nel proprio cuore il calore della speranza e le ragioni del cammino!

Sorelle e fratelli laici, grazie per il nostro camminare insieme, grazie perché fin dal primo giorno del mio ministero di vescovo di Napoli ho toccato con mano la bellezza e la vivacità del laicato partenopeo. Incontrando il vostro desiderio di rinnovamento e il vostro bisogno di ascolto ho preso coscienza della necessità di un tempo e un luogo ad esso destinato: anche da questo nasce il Sinodo! Voi che siete la Chiesa che ogni giorno abita il mondo del lavoro, le strade della città degli uomini, il quotidiano fatto di incontri discreti e servizi disinteressati, sentitevi parte integrante del cammino sinodale, e non semplici aggiunte consultive, laterali al presbiterio e quindi prive di autentico valore. Il Sinodo che oggi inizia ha bisogno di voi, del vostro apporto, della vostra presenza, della vostra comunione che si manifesta approfondendo anche l’adesione ad un movimento o ad un’associazione fino a ritrovare e riscoprire le radici dell’appartenenza ad un’unica Chiesa locale e all’intero popolo in cammino.

Fratelli presbiteri, grazie perché nei dialoghi di questi mesi, negli scambi di sogni condivisi avvenuti durante le visite nelle vostre comunità o al margine di qualche celebrazione, mi avete aiutato a riflettere sull’esigenza del Sinodo e sulla necessità del presbiterio di mettersi in ascolto del popolo di Dio e della città! Vedete, tocco con mano ogni giorno la bellezza del vostro operare ma raccolgo anche la stanchezza e la solitudine dell’isolamento che appesantisce il cammino. Vi prego: lasciamoci raggiungere dalla chiamata del Signore, dal suo invito al rinnovamento evangelico! Abbandoniamo le logiche divisive, le fazioni partitiche, il sottobosco della mormorazione nascosta. Rifiutiamo nel segreto del cuore ogni ambizione umana, rifuggendo la tentazione di camminare isolati come battitori solitari e riscopriamo la bellezza di sentirci un unico corpo in cui la diversità è ricchezza, la differenza d’opinione è preservazione dall’assolutismo dell’io, in cui il dialogo rispettoso e la parresia evangelica disarmano la denigrazione, la triangolazione, il pettegolezzo. Tutte cose che fanno male alla causa del Vangelo, che rendono meno credibile il volto della Chiesa ma che soprattutto feriscono il cuore di chi le pratica e di chi le subisce. Il Sinodo sarà il luogo del confronto autentico e il tempo della comunicazione chiara in cui potremo non solo ascoltare coloro che ci sono affidati ma ascoltarci gli uni gli altri nella bellezza del reciproco affidamento e della mutua custodia che il Signore ci chiede! E, proprio per questo, nei prossimi giorni proseguirà il confronto e il dialogo con i vicari episcopali e i decani e vi sarà il coinvolgimento del Consiglio Presbiterale e poi anche del Consiglio Pastorale diocesano, organi chiamati a prendere sempre più consapevolezza della loro importanza e della necessità del loro apporto al cammino sinoidale!

Fratelli e sorelle che camminate nel sentiero limpido e tortuoso della vita religiosa, grazie per i doni di impegno, dedizione e servizio con cui ogni giorno arricchite la nostra Chiesa diocesana e l’intera città! Molti fratelli e sorelle tra voi mi hanno espresso la necessità e il desiderio di sentirsi ancora più parte di un percorso ecclesiale diocesano ed è anche a questo che il Sinodo serve: è importante scoprire che l’unità della Chiesa è sempre superiore alla diversità delle vocazioni e che i carismi della vita religiosa sono destinati ad impreziosire e a servire l’unica Chiesa di Dio! Quando una congregazione religiosa pensa solo al proprio futuro e alla propria preservazione, senza uscire da se stessa, senza chiedersi quale sia il sogno di Dio per questo tempo e come contribuirvi con il proprio carisma, è già morta. Per questo spero che il Sinodo non contribuisca solo al bene della nostra Chiesa napoletana ma che sia un momento di verifica e di crescita per tutti voi religiosi e religiose!

Qualcuno potrebbe stupirsi del fatto che ho scelto di indire il Sinodo proprio all’inizio del mio servizio episcopale, e farmi notare che molti pensano a questo strumento ecclesiale solo verso la fine del proprio ministero episcopale. Tuttavia, ho preso questa decisione perché, dopo aver ascoltato tantissimi preti, religiosi e laici, ed essermi reso sempre più conto della necessità del superare l’individualismo per riscoprire la bellezza dell’essere comunità, desidero porre il mio stesso ministero di Vescovo al servizio di questo processo comunitario di cui il Sinodo è solo l’inizio! L’invito di Francesco a riscoprire la bellezza della sinodalità, il percorso comunitario della Chiesa italiana, il prossimo sinodo dei Vescovi mi hanno poi convinto ad andare in questa direzione iscrivendo il piccolo sentiero della nostra Chiesa in quello più ampio dell’intero popolo di Dio! Capite bene quindi che non è un Sinodo che cade dall’alto ma è frutto di un percorso che nasce dal basso, di un seme che il Signore ha piantato ma che chiede l’impegno di tutti affinché possa crescere e fiorire!

Qualcuno si starà chiedendo: cosa fare ora in questo tempo? Che fine faranno i percorsi, progetti e i programmi già stabiliti? Dobbiamo interrompere tutto? La mia risposta è no! Che ognuno porti avanti quanto ha programmato e iniziato, che non si interrompa l’ordinario della pastorale ma che tutto divenga sempre più strumento di ascolto di Dio e degli uomini!

Chiesa di Napoli, il Sinodo è un tempo di grazia perché ti invita a prendere consapevolezza che Dio ti ascolta, raggiungendoti sui sentieri delle tue ferite e delle tue delusioni, facendosi compagno dei tuoi sogni e dei tuoi desideri, diventando solidale con le tue tristezze e con le tue gioie!

Chiesa di Napoli, il Sinodo è un tempo di grazia perché ti riconduce, come Maria, ai piedi del Maestro, ti consente ascoltare le sue parole che ti invitano a scegliere la parte migliore, contemplando l’essenziale invisibile agli occhi che riempie di senso e significato la nostra esistenza.

Chiesa di Napoli, il Sinodo è un tempo di grazia, perché dopo aver scoperto che ogni battito del tuo cuore è ascoltato da Dio come un innamorato e che tu stessa puoi ascoltare incessantemente le parole di amore che Lui ti rivolge, puoi metterti in ascolto della gente che sei chiamata a servire, della città a cui sei chiamata ad annunciare il Vangelo, della terra in cui sei chiamata a seminare la speranza!

Per questo Chiesa di Napoli, con te e per te, facendo mia la preghiera del Papa, invoco lo Spirito sul cammino sinodale che oggi inizia affinché sia davvero, per tutti noi, un tempo di grazia:

Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo Popolo fedele di Dio. Vieni, Spirito creatore, rinnova la Chiesa di Napoli e fai nuova la faccia della terra. Amen.”